Quest’anno ascolto il mio corpo che sa tutto prima di me, quest’anno incomincio danza aerea anche se ho paura dell’altezza – ah bene (?) – ; quest’anno no, quest’anno non fumo nemmeno se ci rivediamo.
Quest’anno, dopo il lavoro, allontano via da me il telefono, mando solo prima un messaggio per sapere a che ora. Quest’anno non ci ripenso ancora, quest’anno penso che è finita e che non posso che iniziare altrove, da capo, da me.
Quest’anno resto, giuro che lo faccio, solo se mi giuri che ne vale la pena. Anzi, sai che c’è? Stavolta resto e basta, fosse solo per vedere com’era iniziata.
Disattesi già i buoni propositi, disatteso quel tocco di blu
Che sia il terzo lunedì del mese di gennaio o un giorno imprecisato di un weekend di febbraio, il blue monday più tardivo diventa semplicemente un feeling blu-day, ore in cui le vibrazioni del blu continuano a cullarci in una sensazione di svogliatezza e malinconia che conosciamo così bene; una sensazione che quasi la si ama e che la si indossa con tutta grazia.
Dieta, amore, sport, famiglia, lavoro, casa, il blue monday è arrivato per ricordarci che l’anno è incominciato così come lo abbiamo concluso: con un velo di tristezza che ci ripara maldestramente da quella lista dei buoni propositi che – stiamo a febbraio e – ancora dobbiamo iniziare a scorrere col dito per tenere il segno.
Il blue monday è quindi già arrivato ma sembra che ancora non se ne sia andato, forse perché – intanto – quei buoni propositi che si scelgono alle volte così impersonalmente non ci hanno ancora parlato di noi e, nonostante ciò, pretendono di essere proprio da noi realizzati.
Tutto ha un non so che di inganno diventando – già a febbraio – il sogno di un nuovo inizio per forza disatteso, forzato, innaturale, spiumato ancor prima della muta, ancora prima che potesse assomigliarci. Un sogno che non ha avuto nemmeno il tempo di passare dalla fase della creazione del cartamodello a quello del ritaglio e dell’assemblaggio dei pezzi; un sogno tanto imprendibile che le fasi della finitura e dell’indosso risultano solo – già – una (più o meno) lieve défaillance.
Questa défaillance non può che essere blu come il mare; questo piccolo cedimento emotivo non può che andare quindi a confluire nelle acque tranquille dell’appocundria, dove di solito restiamo immersi – e in pausa – tra le sfumature più pacate che riconosciamo come i passi più sicuri.
Eppure, è proprio in questo luogo così familiare e zen che è arrivato il gioco, che è venuta un’idea inappropriata: e se intercettassimo la sfumatura più audace del blu applicando a questo sogno malinconico una teoria ripresa, perché no (?) visto che si è già parlato di ritagli e cartamodello, dal mondo del design e della moda, l’ Unexpected Blue Theory?
Il principio del blu inaspettato, lì dove non è atteso
Condividevamo un caffè del tardo pomeriggio con il sole basso su via dei Mille, io e l’architetto Viviana Del Naja, ed è stata proprio lei a spiegarmi in maniera accorta quel principio del blu inaspettato che mi ronzava nella testa:
«Che sia giallo, blu o rosso, la “Teoria del colore inaspettato”, del contrasto, nel mondo del design affascina ed emoziona. Funziona così: in un ambiente dai toni neutri e pacati, un tocco di blu acceso sorprende e armonizza il tutto. Quindi, se, improvvisamente, in un paesaggio domestico – che sia pure un blocco di colore – aggiungiamo un dettaglio imprevisto, il risultato è sorprendente, scatenando emozioni impreviste di shock.
Niente è lasciato al caso ma ogni elemento è studiato: la sua posizione, la sua tonalità e la luce che entra nell’ambiente. L’importante è che il blu appaia dove non è normalmente atteso, conferendo freschezza e giocosità al design e, quindi, all’ambiente».
Viviana Del Naja, che concentra da sempre il suo lavoro sul rapporto uomo-architettura, e soprattutto sulla percezione degli ambienti interni legata all’illuminazione, al colore e ai volumi che plasmano la forma, ha precisato riguardo alle sfumature del blu:
«Ci si può divertire a realizzare un ambiente monocromatico ma con un accento di blu cobalto e si può giocare con l’utilizzo di colore che riprende la stagione o un significato o un brand; la mente la si può ingannare in tanti modi. Ricordiamo il blu marocchino che si identifica sempre bene tra i colori terrosi del deserto enfatizzando il contrasto colore caldo – colore freddo o il blu “greco”, tonalità ferma e fredda che in contrasto col bianco rimanda a una idea di freschezza al riparo dal caldo delle isole.
Insomma, al blu si danno spesso tanti significati positivi inconsci, perciò è uno di quei colori prediletti ed è così importante, oggi, includere l’attività mentale dell’utente tanto da metterlo in relazione l’oggetto. L’aspetto ludico e di interazione attraverso il colore è la soluzione sempre più efficace».
Perciò, ci ho pensato ancora un po’: è dunque proprio il blu che di solito trasmette la calma e la fiducia del rifugio, a creare l’imprevisto nel design attraverso un tocco e una sfumatura audace. È quello stesso blu, solo con una sfumatura marcata, a diventare l’elemento insolito, lo shock cromatico, a condizione però che si trovi proprio lì dove era disatteso.
Quindi ho insistito: così come il tocco saturo di blu (simbolo di calma ma anche di mistero) intercettato all’improvviso sorprende lo sguardo creando dei dubbi rispetto a ciò che normalmente ci si aspettava, perché non provare ad intercettare il tratto più sfrontato della stessa nostalgia e proprio lì trovarci la sorpresa, l’imprevedibile, l’accattivante, l’inaspettato?
Perché non prendere allora a pretesto una teoria del design e della moda dal nome effervescente – Unexpected Blue Theory – per giocare alle piccole nuove (seppure fossero inutili) visioni, rintracciando la nota più audace all’interno di una stessa comfort zone così da considerare la malinconia – che deriva dall’aver trascurato quei noiosissimi buoni propositi di inizio anno, per esempio – in una insolita possibilità?
È quel feeling blu a diventare una chance non prevista, basta solo non aspettarsi l’audace per sperimentarlo tutto all’improvviso. Basta solo ripetersi: Io quest’anno resto, giuro che lo faccio, e poi trovarlo quel modo straordinario per non andare.